Russia, il villaggio autarchico
Auto fatte in casa con gli avanzi
MOSCA - Mentre a Togliattigrad le fabbriche di auto mandano a casa i loro dipendenti e i magazzini sono stracolmi di macchine invendute, a soli duecento chilometri più a nord, nella regione di Ulianovsk - la patria di Lenin - gli intraprendenti abitanti del villaggio di Tatarskij Saiman si fanno un baffo della crisi automobilistica. Semplicemente loro da quarant'anni non hanno bisogno più di andare dal concessionario per acquistare una vettura. Se la fanno da sé. Cinquecento famiglie dispongono di 420 veicoli: tutti rigorosamente costruiti nell'orto di casa. E tutti altrettanto rigorosamente funzionanti. Vanno dappertutto: nelle strade che da quelle parti non sono certe lisce a regola d'arte e nei campi, perché l'agricoltura è l'attività principale dei tartari che vivono da quelle parti.
Certo, sono veicoli dal design un po' rozzo, però non è che al tempo dell'Unione Sovietica andasse meglio sotto questo profilo. I motori sono robusti, perché - ecco il trucco - arrivano da vecchie mietitrici, da trattori defunti, da camioncini abbandonati nei fossi. Essendo tuttavia motori piuttosto grossi, anche i veicoli che sono stati assemblati attorno hanno dimensioni cospicue: sembrano piuttosto dei camioncini di prima della guerra. S'intende, anche della prima guerra mondiale. Ma loro, gli abitanti di Tatarskij Saiman sono felici lo stesso: hanno pagato quattro rubli per le loro automobili fai-da-te che hanno chiamato, con molta presunzione, "Top-top". In realtà, il nome deriva dal rumore dei motori a due tempi che rappresentano la maggioranza dei propulsori. Un top top è infatti la colonna sonora delle ore di punta: all'andata e ritorno dal lavoro nei campi.
Tutto cominciò negli anni in cui la Fiat fece il grande accordo con Breznev per una fabbrica di auto - derivate dalla mitica "124" - sulle rive del fiume Volga, nella città di Togliatti. A prescindere dalle simbologie incrociate - la memoria del leader comunista italiano e l'industria più capitalista d'Italia - quell'accordo rappresentò una svolta e una speranza nella storia industriale sovietica ma anche nella storia della società russa. L'automobile era il sogno di ogni cittadino: ma per avere una bella Zhigulì ci volevano un sacco di rubli, ben cinquemila quando lo stipendio medio si aggirava sui 180, e inoltre, ammesso che i soldi ci fossero stati, c'erano liste d'attesa lunghe mesi, se non anni. Dalle parti del nostro villaggio, poi, il mezzo di locomozione più diffuso era ancora quello dei tempi dello zar, ossia il cavallo. Orbene, un giorno al kolkhoz di Tatarskij Saiman arrivò un ordine che mise in subbuglio la comunità: il divieto di tenere cavalli. Senza, sarebbe stato un disastro. Chi avrebbe più lavorato nei campi? Come ci si sarebbe spostati se i servizi di trasporto pubblico erano quasi inesistenti (lo sono, peraltro, anche adesso)?
Khamza Dumbalov, uno dei kolkhoziani, ebbe l'idea che avrebbe risolto ogni problema locale. Non c'è il detto musulmano di Maometto e della montagna? "Se ci tolgono i cavalli, ma non ci danno i mezzi per avere dei veicoli a motore, allora li fabbricheremo noi". I compaesani lo guardarono come un pazzo. Lui, invece, dimostrò che si poteva realizzare un veicolo senza ricorrere a Togliattigrad o alla Uaz o alla gigantesca fabbrica di trattori di Volgograd. Mise in piedi un'officin a nel retro della sua casa e nel giro di poche settimane costruì su mezzo pianale di camion, utilizzando ciò che aveva scovato nei depositi di rottamazione dei vari kolkhoz della regione, una specie di gippone in grado di muoversi e trasportare ciò che serviva. La spesa? Quasi gratis: i pezzi sottratti alla rottamazione venivano infatti regalati, perché costituivano una rogna in meno per chi doveva distruggerli. Dumbalov divenne l'eroe del paese. E subito lo imitò Kiashaf Timaev, un veterano di guerra che lavorava come autista e quindi si intendeva di motori e meccanica.
Ben presto, costruirsi un "top-top" divenne l'attività principale nelle ore del tempo libero. Il villaggio risuonava di martellate e di stridori che annunciavano nuovi automezzi. Persino l'autopompa dei vigili del fuoco nacque così, con grande soddisfazione della municipalità. Il partito chiuse un occhio sulle irregolarità tecniche: in fondo, tutti questi veicoli non rispettavano nessun limite prescritto dalle leggi sulla circolazione, queste specie di quattroruote venivano considerati e immatricolati come "carrelli semoventi". Quanto all'inquinamento, prodotto dagli scarichi spesso senza marmitte, tutti se ne infischiavano. E continuano ad infischiarsene. Oggi l'anomalìa di Tatarskij Saiman continua a resistere: la differenza è che si spende qualcosina, perché i pezzi racimolati di qui e di là non vengono più regalati. Per costruirsi una Top-top bisogna preventivare almeno 10-15mila rubli, ossia tra i 210 e i 300 euro. Naziv Iafiasov, per esempio, è orgoglioso del suo camioncino: le ruote posteriori con tanto di assale provengono da una vecchia Uaz; quelle anteriori da una mototrebbiatrice; l'abitacolo è stato ricavato da un trattore Dt-75; il motore U-2 era di un generatore autonomo dell'esercito, con potenza di 8 cavalli. Però, questo accrocco è capace di trasportare un carico di una tonnellata e di marciare a 50 chilometri l'ora. Rafail Saliov ha un Top-Top più recente e raffinato: intanto lo ha battezzato Positiv, un nome un programma. L'abitacolo e il motore provengono da una gloriosa Zaz degli anni Settanta, la macchina più popolare dei tempi sovietici che l'astuto Rafail ha pagato mille rubli; le ruote posteriori erano di una Volga, tutto il resto è un pot-pourri fantasioso quanto efficiente. La Positiv dispone di 40 cavalli e può trasportare sino a 4 tonnellate. "Vede", dice Rafail, "le auto fatte a mano sono delle fuoriserie, in ogni senso. Noi abbiamo dimostrato che non sono solo destinate ai miliardari". Ma anche ai poveracci.
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